La
ripresa ha bisogno di una nuova locomotiva globale
Di
Carlo Pelanda (10-8-2009)
Guardiamo le
tendenze dell’economia globale. Saranno queste, infatti, a determinare l’entità
della ripresa in Italia perché molto dipendente dall’export. Quando e quanto ci
sarà la ripresa della domanda mondiale?
La ripresa è
già in atto pur non in modo omogeneo. Gli istituti di ricerca prevedono che nel
2010 sarà robusta. Ma vedo – con il mio gruppo di ricerca - un’ombra, anzi una
tempesta, all’orizzonte. Il mercato mondiale sta cambiando. Dal 1945 al 2008 è
stato retto dall’America che importava beni da tutto il pianeta producendo un
effetto locomotiva diffuso. Per esempio, il Giappone esportava molto in
America, ma anche importava tante cose per costruire le cose da esportare, così
gli europei, ecc. Tutte le economie si
sono adattate a questa configurazione generando modelli di crescita basati più
sull’export che sulla crescita interna. Già alla fine degli anni ’90 il mercato
statunitense si rivelò essere troppo piccolo per reggere un’economia internazionale
che si era ingrandita. Per dieci anni la locomotiva ha continuato a correre
comunque perché “pompata” dal ricorso massiccio al debito per sostenere consumi
e importazioni, finanziato dagli esportatori. Ma ciò la ha portata fuori giri.
Ed al primo incidente in un settore il sistema complessivo era così vulnerabile
per squilibrio da implodere. Ora l’America dovrà risanarsi con un lento riequilibrio.
Importerà di meno e per questo tutte le nazioni dovranno cambiare modello
economico facendo più crescita interna per bilanciare il minore export. La Cina sta tentando, ma con
esiti minimi. I Paesi dell’eurozona dovrebbero ridurre tasse e costi statali
per dare impulso al mercato. Il Giappone dovrebbe perfino cambiare modello di
società rinunciando al suo peculiare consociativismo. Difficile che ci riescano
in tempi brevi. Ed è un’ombra sull’entità della ripresa. Ma c’è un pericolo più
grave. Nella necessità di fare più crescita interna molti Paesi potrebbero
ricorrere al protezionismo “implicito”. Per esempio, svalutazioni competitive o
politiche economiche nazionali che riducono i volumi del commercio
internazionale nonché inducono una instabilità endemica nel sistema finanziario
e monetario. Se tale rinazionalizzaizone dell’economia globale avvenisse, e ci
sono parecchi sintomi, potrebbe esserci una depressione mondiale. Cosa possiamo
dire oggi al riguardo sia del rischio di ripresa lenta, anche dovuto alla
riparazione non breve del sistema finanziario, sia di quello di rinazionalizzazione
del mercato globale? Il secondo è il più rilevante ed influisce sul primo. Da
un lato i governi del G20 si sono impegnati a minimizzarlo. Ed è una buona
notizia. Ma il punto critico dello scenario è la sostituzione della locomotiva
statunitense, o la sua integrazione, affinché ci sia un centro motore (ed
ordinatore) del mercato globale che lo tenga stabile ed aperto. Al momento tale
centro si sta costituendo in forma di sistema binario America-Cina. Ma sembra
più una sommatoria di due debolezze, non ultima quella monetaria, che la
convergenza tra due forze. Chi scrive si sentirebbe meglio se vi fosse un G2
euroamericano ed una convergenza tra euro e dollaro. Questa, in particolare,
sarebbe il pilastro su cui ancorare un accordo di stabilità monetaria
internazionale, base per la crescita e stabilità globali. Ma non c’è segno di
una tale direzione. Oggi, pertanto, non resta che invocarla e segnalare che
alla fine del picco della crisi economica globale corrisponderà l’inizio di
quella politica. Per questo l’interesse dell’Italia è di premere Ue ed America affinché formino un G2 che sia
pilastro, centro e motrice del mercato mondiale.